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Ottobre 2019

Buoni pasto: a chi spettano?
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Buoni pasto: a chi spettano?

I buoni pasto sono dei ticket sostitutivi del servizio di mensa aziendale. Possono essere in formato cartaceo o elettronico. A chi spettano i buoni pasto? È utile capire chi ne ha il diritto, come riceverli, quali sono gli importi e le regole in materia di tassazione.

Buoni pasto e normativa: cosa prevede la legge 

I ticket restaurant godono di una tassazione di favore: è prevista una soglia giornaliera esclusa da contributi e tasse, con vantaggi sia per i dipendenti che per le aziende. A chi spettano i buoni pasto? Ne hanno diritto i lavoratori subordinati, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario giornaliero non preveda una pausa per il pasto e chi ha stipulato un rapporto di collaborazione (come il co.co.co.) con il committente. La normativa sui buoni pasto prevede che le aziende non siano obbligate ad erogarli, a meno che non sia espressamente previsti nei contratti collettivi o nella contrattazione di secondo livello o individuale. I ticket sono utilizzabili esclusivamente dal titolare, non sono cedibili né commercializzabili o convertibili in denaro. 

Buoni pasto: come averli e come utilizzarli 

Una volta appurato, per i buoni pasto, a chi spettano, e avendo capito chi ne ha il diritto o meno, resta da appurare come entrarne in possesso. I ticket restaurant vengono distribuiti dall’azienda. Comprendere, poi, come avere i buoni pasto è semplice. Al momento della stipulazione del contratto, è il datore di lavoro stesso che eroga o meno i buoni al lavoratore, cedendogli il blocchetto o il formato elettronico, sempre più spesso una card digitale. Ogni lavoratore ha diritto ad un buono pasto giornaliero, per ogni giorno di lavoro effettuato, dal valore compreso tra i 2 e i 10 euro, da spendere interamente. Non è più possibile, invece, accumulare i ticket per fare la spesa: ogni lavoratore può utilizzare un solo voucher al giorno ed esclusivamente nelle giornate lavorative. Per dubbi o approfondimenti chiama lo Studio Piga Riitano. 

Vertenza sindacale: come funziona
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Vertenza sindacale: come funziona

Come funziona la vertenza sindacale? In che cosa consiste? La vertenza sindacale, o vertenza di lavoro, può essere descritta come uno strumento nelle mani del lavoratore, qualora venga leso nei propri diritti. Per avvalersi di questo strumento bisogna rispettare le forme e nei modi previsti dalle disposizioni normative in materia e dal contratto collettivo rispetto alla professione svolta. 

Vertenza sindacale tempi, costi e come funziona

Quando un dipendente ritiene di essere stato stesso leso nei suoi diritti di lavoratore, secondo quanto previsto dal contratto di lavoro, dai CCNL e dalla normativa nazionale e regionale, cosa deve fare per procedere con una vertenza sindacale? Dopo essersi rivolto al sindacato, quest’ultimo avvia una fase istruttoria che comprende un’attenta analisi della documentazione presentata dal lavoratore a sostegno della propria denuncia. Successivamente, una delle conseguenze della vertenza sindacale sarà la convocazione, da parte del sindacato, di datore di lavoro e lavoratore. In prima istanza il sindacato, parte terza e imparziale, cercherà di trovare un punto d’incontro tra le parti. Verrà poi stilato un verbale positivo o negativo a seconda che le parti accettino o meno la proposta transattiva fatta dal collegio sindacale. In caso di mancato accordo tra le parti, tale verbale verrà trasmesso al giudice se verranno adite le vie legali presso l’autorità giudiziaria. 

La vertenza sindacale: tempi e costi previsti

Prima che venga avviata una vertenza sindacale e si vada incontro alle sue conseguenze, può essere opportuno conoscere altri risvolti in merito alla vertenza di lavoro stessa. L’azione sindacale va in prescrizione dopo un quinquennio. Come si calcolano i cinque anni, ovvero i tempi per una vertenza sindacale? Il computo va fatto a partire dal giorno della cessazione del rapporto di lavoro, per le aziende che occupano fino a 15 lavoratori, e a partire dal giorno o mese di maturazione della retribuzione richiesta, per le aziende che occupano più di 15 lavoratori. È comunque opportuno agire tempestivamente. Rispetto ai costi di una vertenza sindacale, le spese che deve sostenere il lavoratore iscritto al sindacato sono solo quelle vive per la procedura, mentre il lavoratore non iscritto al sindacato deve sostenere, in aggiunta, anche quelle dell’iscrizione al sindacato stesso. In entrambi i casi, in termini di costi e sentenze, i costi dipendono dalla natura specifica del contenzioso e dalla disponibilità nel trovare una via stragiudiziale di conciliazione. Chiedi ulteriori delucidazioni allo Studio Piga Riitano. 

Conservazione stato di disoccupazione
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Conservazione, sospensione e perdita dello stato di disoccupazione

Lo stato di disoccupazione è presente in tutte le forme di sostegno al reddito in caso di perdita involontaria del lavoro (NASpI, DIS-COLL) che lo richiedono come requisito necessario. La conservazione dello stato di disoccupazione è necessaria per continuare ad accedere alle forme di sostegno al reddito in caso di perdita involontaria del lavoro. Ma ci sono casi in cui può essere sospeso o viene perso del tutto. 

Sospensione dello stato di disoccupazione: quando avviene 

Se una persona che ha rilasciato la DID, ovvero la Dichiarazione di immediata disponibilità, continua a non avere un lavoro, per mantenere la conservazione dello stato di disoccupazione deve presentarsi al CIP, Centro per l’impiego, quando viene convocata e partecipare alle attività concordate nel Patto di Servizio personalizzato. È tenuta a giustificare un’eventuale assenza il prima possibile con documentazione scritta, se esiste un reale impedimento (es. malattia, infortunio ecc.). La sospensione dello stato di disoccupazione avviene nel caso in cui il lavoratore accetti un’offerta di lavoro subordinato fino a 6 mesi. L’anzianità nello stato di disoccupazione riprende a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro che ha determinato la sospensione.

Perdita dello stato di disoccupazione: quando e perché 

Ci sono determinate situazioni in cui la persona non può più mantenere per legge la conservazione dello stato di disoccupazione, che quindi decade. Capita nei casi previsti dal D.Lgs 150/2015, se l’interessato non risponde, senza giustificazione (ossia malattia, infortunio, gravidanza e altri casi di impedimento riconosciuti dalla legge), alla convocazione del Centro per l’Impiego per attività di formazione, percorsi di formazione o altre politiche attive concordate nel patto di servizio. Si verifica una perdita dello stato di disoccupazione se il cittadino rifiuta, senza giustificazione, una congrua offerta di lavoro da parte del Centro per l’impiego, se viene assunto con un contratto a tempo indeterminato o con un contratto a tempo determinato di più di 6 mesi e se intraprende un’attività di lavoro autonomo di qualsiasi durata. Potrà rilasciare una nuova DID solo dopo la cessazione dell’attività lavorativa. Per ulteriori chiarimenti contatta gli esperti dello Studio Piga Riitano. 

Stato di disoccupazione: cos’è e a chi spetta
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Stato di disoccupazione: cos’è e a chi spetta

Non è solo una condizione sociale legata alla mancanza di lavoro. L’espressione del cosiddetto stato di disoccupazione si riferisce anche alla relativa indennità denominata, NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), che è riservata a coloro i quali hanno perso involontariamente il posto di lavoro e hanno dichiarato la propria immediata disponibilità allo svolgimento dell’attività lavorativa

Come richiedere la disoccupazione per via telematica 

Presentare la domanda entro 68 giorni dalla perdita del posto di lavoro. E inviarla, esclusivamente, in modalità telematica tramite il sito dell’Inps che implica l’uso del PIN dispositivo. È quanto deve fare chi intende avvalersi dello stato di disoccupazione. Se non si è in possesso del PIN dispositivo, va richiesto richiederlo tramite patronato. Bastano poi alcuni semplici passaggi per avviare e concludere la procedura per via telematica. Per chi non sa come richiedere la disoccupazione online, ecco le varie fasi: fare il login nell’area dei Servizi online del sito Inps, selezionare Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito e poi cliccare sulla voce NASpI, cliccare su Indennità di Naspi e poi su Invio domanda; controllare bene i dati anagrafici personali, motivazioni del licenziamento e tutte le informazioni comunicate, procedere all’invio della domanda di disoccupazione.

Durata dell’indennità della disoccupazione: i tempi 

Una volta ottenuto lo stato di disoccupazione, il lavoratore disoccupato dovrà essere immediatamente disponibile a iniziare un altro lavoro consegnando al Centro Per l’Impiego i documenti necessari, ovvero: carta d’identità o documento di riconoscimento valido, copia del contratto di lavoro, per i disoccupati stranieri verrà richiesto anche il permesso di soggiorno e un indirizzo abitativo. La durata dell’indennità
della disoccupazione è legata alla storia contributiva del lavoratore: è stabilita pari alla metà delle settimane coperte da contribuzione nei quattro anni precedenti il giorno di perdita del lavoro. e, in ogni caso, non può superare i due anni. Per ulteriori informazioni contatta gli esperti dello Studio Piga Riitano.

Inail assicurazione casalinghe: come funziona?
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Inail assicurazione casalinghe: come funziona?

Entro il 15 ottobre 2019 gli assicurati Inail contro gli infortuni domestici devono effettuare il pagamento dell’integrazione di 11,09 euro, che allinea ai 24 euro fissati dalla legge di bilancio 2019 l’importo annuale di questa polizza Inail, l’assicurazione delle casalinghe. La copertura assicurativa si attiva solo a partire dal giorno successivo al pagamento. Fai attenzione al codice CBILL da richiamare nel pagamento stesso. 


Inail assicurazione casalinghe: cosa copre 

Non tutti i potenziali contribuenti interessati ne sono consapevoli, ma l’Inail assicurazione per le casalinghe è obbligatoria. Nell’ultimo anno, la fascia di persone che sono tenute a stipulare questa polizza si è allargata: ora devono pagare la polizza casalinghe e affini con un’età compresa tra i 18 e 67 anni (anziché 65). Cosa copre l’assicurazione Inail delle casalinghe? La polizza gestita dall’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) paga una rendita vitalizia a chi subisce un infortunio mentre svolge lavori domestici, ma solo se si tratta di un danno grave, con un grado di invalidità importante (oltre il 27%, ad esempio è coperta la perdita di un braccio ma non di un rene se l’altro è funzionante). In caso di morte dell’assicurato, la rendita, calcolata con le stesse modalità e percentuali stabilite per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, viene corrisposta agli eredi.


Inail assicurazione per infortuni domestici: in quali contesti 

Nel lavoro prestato in ambito domestico per la cura della famiglia, rispetto a quanto previsto dall’Inail assicurazione per le casalinghe, rientrano le attività relative al normale svolgimento della vita domestica e di relazione sociale del nucleo familiare. Sono compresi gli infortuni legati a interventi di piccola manutenzione (per esempio di idraulica, elettricità, ecc.), il cosiddetto “fai-da-te” e gli eventuali infortuni avvenuti per la presenza in casa di animali domestici (cani, gatti, pappagallini, conigli, criceti, ecc.). L’Inail assicurazione per infortuni domestici copre un ambito domestico che comprende l’abitazione, soffitte, cantine, giardini, balconi dove risiede il nucleo familiare dell’assicurato. Se l’immobile fa parte di un condominio rientrano in tale ambito anche le parti comuni (androne, scale terrazzi, ecc.). Nella copertura della polizza rientrano anche le residenze temporanee scelte per le vacanze, purché situate nel territorio italiano. Non è tutelato l’infortunio in itinere, cioè verificatosi durante viaggi e spostamenti. Per ulteriori informazioni contattare lo Studio Piga Riitano.