Ai fini Naspi, per l’Inps rilevano ferie, festività, maternità ed infortuni?
Dopo oltre 2 mesi dall’entrata in vigore della norma (Dlgs n. 148/15), senza fornire i necessari chiarimenti su aspetti chiave del provvedimento lasciando professionisti e imprese ancora nell’incertezza. Manca, inoltre, la disciplina attuativa della cassa integrazione per l’apprendistato professionalizzante ed il regime di calcolo del contributo addizionale.
La Naspi riguarda i lavoratori subordinati, con anzianità di effettivo lavoro pari a 90 giornate alla data di richiesta del trattamento. Requisito non richiesto per domande relative a trattamenti ordinari di integrazione salariale per eventi non oggettivamente evitabili del settore industriale.
Il trattamento di integrazione salariale ammonta all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non prestate. Il trattamento sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera a carico istituto, nonché l’eventuale integrazione contrattualmente prevista.
Secondo il ministero del lavoro per giornate di “effettivo lavoro” devono intendersi le giornate di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria, compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività, infortuni e maternità (circolare n. 24/15).
L’Inps con la circolare n. 197/15 si limita a riprodurre quanto già anticipato dal ministero del lavoro.
Al contrario, già in passato l’Inps era stato chiamato ad interpretare una previsione normativa che fa riferimento al “lavoro effettivo” come nel caso del Dlgs n. 22/15 in materia di Naspi in cui fissa i requisiti necessari per ottenere la disoccupazione: “30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione”.
In quella occasione l’Inps (circolare n. 94/15) ha preso una posizione completamente diversa rispetto alla circolare n. 197/15 affermando che:
– il lavoro effettivo corrisponde alle giornate indicate nel flusso mensile UNIEMENS – con i quali i datori di lavoro trasmettono i dati retributivi e contributivi – col codice “S” (quindi escludendo, malattia, infortunio, ferie, permessi, festività, ecc).
– le giornate di malattia, infortunio e assenze per permessi e congedi “determinano un ampliamento – pari alla durata degli eventi medesimi – del periodo di dodici mesi all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate”.
Peraltro, con la posizione espressa nella richiamata circolare n.197/15 l’Inps penalizza i lavoratori che operano all’interno di aziende che adottano la settimana corta (lunedì -venerdì) rispetto a quelle che adottano la settimana di lavoro ordinaria (lunedì -sabato).
Quindi, a fronte della medesima previsione normativa si registrano posizione interpretative diametralmente opposte.