La cessazione di un rapporto lavorativo comporta, per il datore di lavoro, l’erogazione al dipendente di un incentivo all’esodo, oltre alle altre somme previste per legge: rate di tredicesima e di quattordicesima, in base al contratto collettivo sottoscritto, ferie e permessi non goduti, trattamento di fine rapporto e indennità sostitutiva al preavviso, in caso di licenziamento immediato. Tra le spettanze di fine rapporto, il TFR e l’incentivo all’esodo godono di una particolare disciplina contributiva e fiscale, a vantaggio sia del lavoratore che del datore di lavoro.
Quale tassazione per l’incentivo all’esodo?
L’incentivo all’esodo consiste in una somma concordata dalle parti alla conclusione di un rapporto di lavoro, con l’obiettivo di facilitare l’allontanamento del dipendente dall’azienda ed evitare successive azioni legali di rivalsa. In quest’ottica, la legge prevede una particolare tassazione dell’incentivo all’esodo: sotto il profilo contributivo, per questa somma non è previsto il pagamento di contributi all’Inps, mentre da un punto di vista fiscale, viene applicata una tassazione separata ovvero in base all’aliquota media relativa ai cinque anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro e non in base all’aliquota dell’anno in corso.
Cessazione del rapporto di lavoro: calcolo dell’incentivo all’esodo
Ma come si effettua il calcolo dell’incentivo all’esodo? Affinché la somma sia effettivamente congrua al reddito perso dal dipendente con la cessazione del rapporto di lavoro, è necessario considerare diversi fattori tra cui: lo stipendio annuo comprensivo di benefits, al lordo dei contributi Inps, l’età del lavoratore e le sue prospettive professionali o previdenziali, il percepimento di sussidi o altre indennità, la proiezione di eventuali spese legali in caso di contenzioso per licenziamento illegittimo.