L’immigrazione regolare influenza in maniera positiva l’economia del lavoro
I dati delle più recenti rilevazioni sul mercato del lavoro, dell’Istat e dell’OCSE ci mostrano un fenomeno molto interessante: la sostenibilità dell’invecchiamento della popolazione italiana e del calo numerico delle giovani generazioni italiane (siamo un paese a crescita zero) si può reggere solo attraverso la contestuale maggiore presenza di immigrati al lavoro nei paesi europei ed in particolare in Italia. Entro il 2030, se si vorrà mantenere la stessa popolazione in termini assoluti ed incrementare la popolazione attiva ed occupata, la presenza di immigrati dovrà passare dall’attuale 7% ad almeno il 15% della popolazione e, quindi, più che raddoppiare.
Per questi motivi la questione delle politiche per la regolazione dell’immigrazione e per l’integrazione ha bisogno di adottare regole condivise tra gli Stati europei e tenere lontani facili populismi, ideologie e semplificazioni. In ogni caso, se consideriamo le dinamiche demografiche, i fenomeni rilevati nella vicenda storica delle nazioni più ricche mostrano come un popolo, raggiunte migliori condizioni di benessere, tenda a scegliere occupazioni meno faticose e a fare meno figli. Di conseguenza, i “ figli del boom economico”, per mantenere le condizioni di vita ereditate dai laboriosi genitori, preparano e formano la successiva domanda di immigrati: lavoratori più disponibili e che determinano un avanzo economico.
Il tema dell’immigrazione riguarda principalmente l’economia ed il lavoro, non tanto la percentuale (piuttosto bassa ed inferiore alle centomila unità), di rifugiati o profughi. La regolazione riguarda soprattutto l’immigrazione economica e quindi il tema delle politiche, delle quote e dei controlli.