È in elaborazione alla Camera il disegno di legge sui buoni lavoro in risposta al referendum proposto dalla CGIL, che punta alla loro abolizione.
La bozza del testo mira a rivedere il modo d’uso dei voucher con il ritorno alla legge Biagi che stringe il loro utilizzo alle sole attività occasionali, ai piccoli lavoretti e alle famiglie.
Le nuove regole hanno salvaguardato solo le imprese senza dipendenti; ma anche per quest’ultime sono state imposte regole molto rigide. L’importo nominale di ogni buono lavoro per le imprese sarà di 15 euro, rispetto ai 10 euro di costo per le famiglie.
Restano escluse le imprese da un dipendente in su, provocando forti proteste soprattutto tra le associazioni del commercio, dell’artigianato e del terziario. La scorsa settimana il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva annunciato la loro esclusione totale. Nei giorni seguenti nell’ambito del dialogo avviato tra Parlamento e governo era però spuntata l’ipotesi di consentirne l’utilizzo alle sole imprese che avessero al massimo un dipendente. L’ultima mediazione si ferma a metà strada: si è pensato infatti di concedere la deroga solamente agli imprenditori singoli, a cui comunque verrebbero imposti tetti molti rigidi di utilizzo.
Rimane confermato, invece, l’impiego dei buoni in agricoltura, con i tetti già previsti di 2/5 mila euro, ma solo per consentire a pensionati e studenti la raccolta di prodotti stagionali o la vendemmia.
Nel testo in esame si sta ragionando anche sulla platea dei soggetti interessati. Da un lato si pensa di stilare una lista che comprenda studenti, pensionati, disabili e disoccupati; dall’altro si potrebbe estendere l’uso del voucher a tutte le categorie.
Altra modifica riguarda il tetto massimo di spesa assegnato ad ogni committente che dai 7 mila euro verrà riportato a 5 mila (come nella legge Biagi).
Tassativamente escluso l’utilizzo dei voucher nell’ambito della pubblica amministrazione, fatti salvi casi straordinari come le iniziative di solidarietà, le calamità e le emergenze.