Il Trattamento di Fine Rapporto, o TFR (com’è più comunemente conosciuto), è una parte della retribuzione del lavoratore subordinato che viene accantonata puntualmente per essere erogata in toto alla cessazione del rapporto di lavoro.
Dal 3 aprile 2015, con il DCPM29/29015 pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 65/2015, i lavoratori dipendenti delle aziende private avevano la possibilità di farsi liquidare sullo stipendio una parte del TFR. L’operazione “TFR in busta paga” entrava, dunque, nella fase operativa secondo il comma 26 dell’art. 1 della L. 190/2014.
Con la scadenza dei tre anni, termina la sperimentazione del TFR in busta paga, voluta dal governo Renzi.
Dal 1 luglio infatti i lavoratori del settore privato non vedranno più erogato mensilmente, insieme alla retribuzione, la quota di maturazione del trattamento di fine rapporto, al netto della quota dello 0,50% destinata al Fondo di Garanzia INPS. L’importo del TFR torna quindi ad essere accantonato o versato al Fondo di Tesoreria e soggetto a tassazione separata in caso di liquidazione o anticipazione. Per coloro che avevano aderito in precedenza a forme di previdenza integrativa riprenderanno i versamenti che la sperimentazione aveva sospeso.
Non sono stati i molti i lavoratori che hanno deciso nei tre anni sperimentali di aderire all’iniziativa: nel mese di febbraio erano 217mila, pari all’1,3% di circa 15 milioni di dipendenti. A inizio 2016 il numero era di 110mila adesioni e dal 2016 ad aprile 2018 sono stati più di 657 milioni gli euro incassati immediatamente, mentre i singoli lavoratori che hanno utilizzato l’iniziativa per almeno un mese sono stati 387.524. Un dato indicativo, anche se nel complesso molto basso.
Con il termine della sperimentazione, la situazione volge alla normalità anche per i datori di lavoro, che tornano a gestire la disponibilità finanziaria delle quote del TFR e dei versamenti delle quote al Fondo di Garanzia INPS. Dal 1 luglio dovranno quindi riprendere a seguire le scelte precedentemente effettuate dal dipendente, scegliendo tra:
- versamento del TFR alla previdenza complementare prevista dal CCNL di riferimento o al FONDINPS;
- versamento del TFR a una forma di previdenza complementare scelta dal lavoratore: in questo caso la quota di contribuzione aggiuntiva è deducibile dal reddito fino a 5.164,57 euro;
- mantenimento del TFR presso l’azienda, se la stessa ha meno di 50 dipendenti.
Nel caso di imprese con più di 50 dipendenti, sarà necessario anche riprendere i versamenti al Fondo di tesoreria INPS. Il requisito riguardante la dimensione aziendale va definito per le aziende in attività al 31 dicembre 2006 con riferimento all’anno 2006, e per le aziende costituite dal 1 gennaio 2007 in poi con riferimento all’anno solare di inizio attività.
Nel caso poi di piccole e medie imprese che abbiano goduto di agevolazioni per finanziamenti legate alla sperimentazione, la disponibilità creditizia utilizzata per l’erogazione dovrà essere rimborsata dal datore di lavoro in un’unica soluzione alla data del 30 ottobre 2018. Si azzereranno e saranno escluse anche le misure compensative previste per i datori di lavoro e comprese nella proposta del TFR in busta paga.