WELFARE AZIENDALE: STRATEGIE E OPPPURTUNITA’ PER LE IMPRESE

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Cosa si intende con l’espressione “welfare aziendale”?

Prima di accostarsi a questa tematica è bene capire il significato di tale locuzione. Per welfare aziendale si intende una serie di interventi disposti da un datore di lavoro allo scopo di migliorare il benessere dei propri dipendenti. Le tipologie di intervento possono essere ricondotte a due gruppi fondamentali: interventi di natura organizzativa, diretti a rendere flessibile la prestazione lavorativa e strumenti di natura retributiva volti a riconoscere benefici in natura.

In quest’ultimo ambito vanno ricondotti i beni e i servizi erogati dal datore di lavoro, direttamente o tramite convenzione con strutture esterne allo scopo di incrementare il benessere dei propri dipendenti e incentivare un incremento della loro produttività del lavoro.  Rientrano in tale categoria anche i servizi e i beni che possono godere dell’esclusione dal reddito.

Quali sono i benefit del “welfare aziendale” tax free?

La legge di stabilità 2016   ha ridefinito le erogazioni del datore di lavoro che, per volontà di quest’ultimo o sulla base di contratti, accordi e regolamenti aziendali, configurano un piano di welfare. Tali benefit sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente e consistono in:

  • Contributi di previdenza complementare: il datore di lavoro può disporre un incremento del contributo aziendale da destinare alla previdenza complementare; la tutela può essere estesa anche ai familiari;
  • Contributi di assistenza sanitaria integrativa: il datore di lavoro può intervenire istituendo o estendendo la tutela integrativa erogabile grazie a versamenti contributivi ad apposita cassa sanitaria; la tutela può essere estesa anche ai familiari;
  • Servizi di educazione e istruzione: il datore di lavoro può prevedere un contributo a titolo di rimborso per i figli dei lavoratori che frequentano l’asilo nido e/o stipulare una convenzione con un asilo nido; può istituire una borsa di studio per i figli dei dipendenti più meritevoli;
  • Servizi ricreativi e culturali: il datore di lavoro può programmare gite culturali-ricreative, stipulare convenzioni con teatri, cinema, librerie, palestre ecc.
  • Servizi di assistenza sociale e sanitaria: il datore di lavoro può prevedere un check-up medico, da erogare tramite un terzo soggetto (medico o struttura medica) oppure cure specialiste tramite una struttura convenzionata; può mettere a disposizione dei dipendenti o dei loro familiari un’assistente sociale per garantirgli assistenza in caso di necessità.
  • Servizio navetta: il datore di lavoro può organizzare per i dipendenti il trasporto casa-lavoro e viceversa.
  • Altre tipologie di beni e servizi di modico valore: il datore di lavoro può fornire buoni spesa, buoni benzina da utilizzare presso esercizi convenzionati.

L’importo annuo di tutti i benefit percepiti nel corso del periodo di imposta non può superare un tetto massimo pari a 258.23€. Tale importo rappresenta una soglia di esenzione per la non concorrenza alla formazione del reddito, e non una franchigia, quindi al superamento del tetto di legge, l’intero corrispettivo dei benefit attribuiti concorre alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Il benefit può essere erogato anche sotto forma di voucher?

La legge di Stabilità 2016 ha anche previsto la possibilità di erogare i benefit da parte del datore di lavoro tramite documenti di legittimazione in formato cartaceo o elettronico che riportano un valore nominale. Si tratta dei voucher, la cui introduzione apre la strada del welfare aziendale anche ai datori di lavoro di minori dimensioni.

Il benefit offerto dal voucher deve consistere in un bene o un servizio da fruire in una delle strutture convenzionate. Il voucher non può mai essere rappresentativo di un valore da corrispondere al destinatario sotto forma di denaro. Lo strumento del voucher nasce con un duplice scopo: sia di agevolare il datore di lavoro, in particolare i più piccoli, nell’erogazione di prestazioni e servizi tramite strutture esterne, sia di considerare il dipendente un mero destinatario della prestazione acquisendo il diritto di considerare il valore erogato escluso dal reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51, c.2 Tuir.

Esistono due tipologie di voucher da poter erogare:

  1. Voucher monouso che danno diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio (ad es. servizi di natura assistenziale, sanitaria e ricreativa; servizi di assistenza ai familiari anziani e in difficoltà; servizi di trasporto casa-lavoro; istruzione dei figli)
  2. Voucher multiuso che consentono al dipendente di comporre a proprio piacimento il “carrello della spesa”, considerando come unico limite l’importo annuo pari a 258.28€. Tale importo non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

È importante specificare che il voucher multiuso non è da assimilare ai c.d. “buoni pasto” che continuano ad essere disciplinati da apposita norma previgente (art 285, D.P.R. n.207/2010)

È possibile convertire la produttività dei dipendenti in strumenti di welfare?

La legge di stabilità 2016   ha modificato l’art 51 del TUIR per ampliare le ipotesi di welfare agevolato.  Da quest’anno, il welfare è teoricamente agevolato sia quando erogato dal datore di lavoro a titolo di liberalità che quando attribuito in risposta a un obbligo di un contratto collettivo, anche di produttività. Il contratto collettivo aziendale o territoriale può prevedere che i dipendenti, a cui spettano somme a titolo di premio di risultato possano decidere se convertire la prestazione in denaro o servizi di welfare. Tale conversione è esercitabile solo se prevista nel contratto collettivo di secondo livello. Il contratto collettivo non deve necessariamente regolamentare gli aspetti di dettaglio ossia l’ampiezza dell’ambito della conversione, il termine entro cui esercitare l’opzione, la modalità con cui adempiere nonché il ventaglio di beni e servizi che sono opzionabili dal lavoratore.

 

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